L 627 è il codice legato in Francia alla legge sugli stupefacenti. Ma L 627 non è tanto un film sulla droga, quanto una specie d'immersione totale nel mondo di chi, come nel caso di qualsiasi altro mestiere, ne combatte quotidianamente l'abuso, in primo luogo la polizia.
Straordinario, nel film, è il tono: non tanto ciò che succede, che è di ordinaria amministrazione in quel genere d'ambiente. Non tanto i personaggi, che sono anche quelli normali, nessuno che spicca, uno per tutti e tutti per uno. Ma proprio questa " normalità ", questa volontà di non voler eroicizzare, esaltare, privilegiare (sia psicologicamente che spettacolarmente) è il vero segreto del film. Che è verissimo, drammatico ma anche assurdo e divertito, proprio come succede nella realtà: autentico come un documentario, incollato ai suoi personaggi fin dalle prime ore della mattina, quando la squadra-narcotici si riscalda un caffè, ancora infreddolita ed addormentata.
Ma anche posseduto, condotto e determinato come solo può essere il cinema inventato, quello di finzione: l'atmosfera, il legame con l'ambiente (come sempre succede con il cinema che funziona) porta di peso una storia quotidiana. Ma che proprio per questo vicina a tutti noi.
Cosi, il più americanofilo dei cineasti francesi (autore, tra l'altro, di un magnifico " 50 anni di cinema americano ") firma un film di genere squisitamente USA: ma lo situa, curiosamente, proprio agli antipodi. Lontano, cioè, da ogni enfasi: impeccabile quando sembra avvicinarsi al documentario, più laborioso quando ci aggiunge la finzione.